Cubo, in geometria euclidea, un solido regolare con sei facce quadrate; cioè, un esaedro regolare.
Siccome il volume di un cubo è espresso, in termini di uno spigolo e, come e3, in aritmetica e algebra la terza potenza di una quantità è chiamata il cubo di quella quantità. Cioè, 33, o 27, è il cubo di 3, e x3 è il cubo di x. Un numero di cui un dato numero è il cubo si chiama la radice cubica di quest’ultimo numero; cioè, poiché 27 è il cubo di 3, 3 è la radice cubica di 27-simbolicamente, 3 = 3Radice quadrata di√27. Un numero che non è un cubo si dice anche che ha una radice cubica, il cui valore è espresso approssimativamente; cioè, 4 non è un cubo, ma la radice cubica di 4 è espressa come 3Radice quadrata di√4, il cui valore approssimativo è 1,587.
Nella geometria greca la duplicazione del cubo era uno dei più famosi problemi irrisolti. Richiedeva la costruzione di un cubo che doveva avere il doppio del volume di un cubo dato. Questo si dimostrò impossibile con il solo aiuto della riga e del compasso, ma i greci furono in grado di effettuare la costruzione con l’uso di curve superiori, in particolare con il cissoide di Diocle. Ippocrate dimostrò che il problema si riduceva a quello di trovare due proporzioni medie tra un segmento di linea e il suo doppio – cioè, algebricamente, a quello di trovare x e y nella proporzione a:x = x:y = y:2a, da cui x3 = 2a3, e quindi il cubo con x come spigolo ha il doppio del volume di uno con a come spigolo.