Dall’epoca barocca, i compositori dell’Europa occidentale hanno usato la settima diminuita come intervallo melodico per trasmettere un’emozione intensa, a volte travagliata. Richard Taruskin (2010, p. 258) richiama l’attenzione sulle figure melodiche discendenti nella parte bassa (pedale) del preludio corale per organo di J. S. Bach dall’Orgelbüchlein, “Durch Adam’s Fall”:
“Ciò che è una potente sorpresa, e un’ulteriore prova dell’unica audacia immaginativa di Bach, è la forma specifica che la parte obbligata del pedale assume in questo corale: quasi nient’altro che gocce dissonanti di una settima – la caduta di Adamo resa udibile! E non solo la caduta, ma anche il dolore e la sofferenza che la accompagnano sono rappresentati (e in un certo senso evocati), dato che molte di quelle settime sono diminuite.”
Il potenziale espressivo dell’intervallo non fu perso da Mozart, specialmente quando, come dice Dennis Matthews (1971, p. iii), “Mozart riservò una tonalità minore per i suoi discorsi più inquietanti”. Il tema di apertura del Concerto per pianoforte e orchestra in do minore K491, è caratterizzato da settime diminuite ascendenti:
Più sorprendente è il finale della Sinfonia n. 40 in sol minore di Mozart, K550, che il critico Charles Rosen (1971, p324) definisce “un lavoro di passione, violenza e dolore”. La sezione di sviluppo presenta una disorientante sequenza di settime diminuite:
Il peso drammatico dell’intervallo fu ulteriormente sfruttato dai compositori operistici durante il diciannovesimo secolo. Robert Donington (1963, p. 175) ha sentito l’oscuro, atmosferico Preludio all’opera Siegfried di Wagner come “una sorta di rimuginio elementare…Il suo materiale è una sequenza inquieta di terze basse nel basso, e separate da una settima diminuita”: