Il massacro di Glen Coe
La rivoluzione in Inghilterra era stata compiuta quasi senza spargimento di sangue, ma in Scozia e Irlanda ci fu una resistenza armata. Questa crollò in Scozia nel 1689, ma il paese rimase agitato e instabile per tutto il regno di Guglielmo. Nel 1692 Alexander MacDonald di Glen Coe e alcuni dei suoi uomini del clan furono assassinati a sangue freddo per aver prestato in ritardo il giuramento di fedeltà a Guglielmo. William ordinò un’inchiesta, ma non intraprese ulteriori azioni fino a quando nel 1695 il Parlamento scozzese chiese un’indagine pubblica. Egli mostrò allora una colpevole indulgenza nei confronti dei colpevoli, limitandosi a licenziare dal suo segretariato Sir John Dalrymple, al quale fu infine attribuita la responsabilità del massacro. In Irlanda la guerra scoppiò formalmente nel 1689, quando Giacomo vi sbarcò con l’appoggio francese. Ma la riuscita difesa di Londonderry e di Enniskillen, e la vittoria di William stesso nella battaglia del Boyne il 1º luglio 1690, assicurarono la riconquista dell’Irlanda e lo liberarono per rivolgere la sua attenzione al continente europeo. Qui, dopo una serie di attacchi minori all’impero, Luigi XIV aveva invaso il Palatinato nel 1688. Gli olandesi e l’imperatore conclusero il Trattato di Vienna (maggio 1689) e dichiararono guerra a Luigi; nei 18 mesi successivi la rara abilità diplomatica di Guglielmo portò nell’alleanza Brandeburgo, Hannover, Sassonia, Baviera, Savoia e Spagna, oltre all’Inghilterra, che ne divenne il perno.
Dal 1691 Guglielmo passò molto tempo a fare campagne sul continente con vari gradi di successo, ma nel 1696 una serie di fattori rese entrambe le parti ansiose di pace, e i trattati di Rijswijk furono firmati nel 1697. La questione, vitale per l’equilibrio del potere europeo, di chi dovesse succedere al re senza figli Carlo II di Spagna rimaneva comunque irrisolta, e Guglielmo aveva buone ragioni per temere che la pace non sarebbe stata altro che una tregua. Il parlamento inglese, al contrario, era convinto che sarebbe stata duratura, insistette per ridurre le dimensioni dell’esercito e voltò risolutamente le spalle agli affari esteri. Guglielmo, nella speranza di evitare una nuova guerra, stipulò due trattati di partizione spagnola (1698-99) con Luigi, misure che lo coinvolsero in gravi attriti con il Parlamento. Ma quando il re spagnolo morì il 1º novembre 1700, Luigi, ignorando i suoi accordi, accettò la corona di Spagna per suo nipote e presto dimostrò di non aver rinunciato ai suoi piani di ingrandimento francese.
Guglielmo, sebbene ostacolato dall’apatia inglese, si mise a ricostruire la Grande Alleanza e a preparare i suoi due paesi per l’ormai inevitabile conflitto. Nel settembre 1701 l’esiliato Giacomo II morì, e Luigi XIV proclamò suo figlio re d’Inghilterra, contrariamente a quanto concordato in uno dei trattati di Rijswijk, suscitando così negli inglesi l’entusiasmo per la guerra. Guglielmo non visse per vedere questa guerra dichiarata. La sua salute era da tempo in declino, e nel marzo 1702 morì. I suoi piani per un insediamento europeo furono in gran parte realizzati dal trattato di Utrecht (1713). Il suo ideale, che aveva perseguito ostinatamente per 30 anni, era un ordine internazionale in cui nessuna singola potenza fosse in grado di tiranneggiare le altre.