Nel discorso razzista, specialmente quello degli scienziati e scrittori occidentali post-illuministi, un naso romano (in un individuo o in un popolo) è stato caratterizzato come un marcatore di bellezza e nobiltà, ma la nozione stessa si trova già in Plutarco, nella sua descrizione di Marco Antonio. Tra i razzisti nazisti il naso “adunco”, ebreo, era una caratteristica degli ebrei. Tuttavia, Maurice Fishberg in Jews, Race and Environment (1911) cita statistiche molto diverse per negare che il naso aquilino (o “naso ad uncino”) sia caratteristico degli ebrei, ma piuttosto per dimostrare che questo tipo di naso si verifica in tutti i popoli del mondo. La presunta scienza della fisiognomica, popolare durante l’epoca vittoriana, fece del naso “prominente” un marcatore di arianità: “la forma del naso e delle guance indicava, come l’angolo della fronte, lo status sociale e il livello di intelligenza del soggetto. Un naso romano era superiore a un naso mozzo nel suo suggerimento di fermezza e potere, e le mascelle pesanti rivelavano una latente sensualità e rozzezza”.
Nell’era moderna, critici come Jack Shaheen in Reel Bad Arabs sostiene che “l’immagine di Hollywood degli arabi con il naso ad uncino e le vesti è parallela all’immagine degli ebrei nei film ispirati al nazismo … Gli Shylock di ieri assomigliano agli sceicchi con il naso adunco di oggi, suscitando la paura dell'”altro”.”
Tra i nativi americaniModifica
Il naso aquilino era considerato una caratteristica distintiva di alcune tribù di nativi americani, i cui membri spesso prendevano i loro nomi dai loro attributi fisici caratteristici (ad esempio il naso ad uncino o il naso romano di Capo Enrico). Nella rappresentazione dei nativi americani, per esempio, un naso aquilino è uno dei tratti standard del tipo “guerriero nobile”. È così importante come marcatore culturale, ha sostenuto Renee Ann Cramer in Cash, Color, and Colonialism (2005), che le tribù prive di tali caratteristiche hanno avuto difficoltà a ricevere il “riconoscimento federale” o “acknowledgement” dal governo degli Stati Uniti, necessario per avere un rapporto continuo da governo a governo con gli Stati Uniti.
Tra le popolazioni del Nord AfricaModifica
Il naso piatto e largo è onnipresente tra la maggior parte delle popolazioni dell’Africa subsahariana, ed è notato da scrittori e viaggiatori del XIX secolo (come Colin Mackenzie) come un marchio di ascendenza “negroide”. Si contrappone agli stretti nasi aquilini, dritti o convessi (leptorici), che sono invece considerati “caucasici”.
Negli anni ’30, un naso aquilino era considerato una caratteristica di bellezza per le ragazze tra i Tswana e gli Xhosa. Tuttavia, uno studioso recente non ha potuto discernere dallo studio originale “se tali preferenze erano radicate nelle concezioni precoloniali della bellezza, un prodotto delle gerarchie razziali coloniali, o qualche intreccio delle due cose”. Un esempio ben noto del naso aquilino come marcatore in Africa che contrasta il portatore con i suoi contemporanei è il protagonista di Oroonoko di Aphra Behn (1688). Sebbene sia un principe africano, parla francese, ha i capelli lisciati, le labbra sottili, e un “naso che era ascendente e romano invece che africano e piatto”. Queste caratteristiche lo distinguono dalla maggior parte dei suoi pari, e lo marcano invece come nobile e alla pari con gli europei.
Secondo l’analisi craniometrica di Carleton Coon (1939), i nasi aquilini in Africa sono in gran parte limitati alle popolazioni del Nord Africa e del Corno d’Africa (in contrasto con quelle dell’Africa subsahariana), che è più generalmente popolata da quelli di origine semitica, araba e altri non “negroidi”. Tuttavia, sono generalmente meno comuni in queste aree rispetto ai nasi stretti e dritti, che invece costituiscono la maggioranza dei profili nasali. È stato riportato, tuttavia, che i nasi aquilini sono più diffusi tra gli algerini, egiziani, tunisini, marocchini, eritrei, etiopi e somali, che tra gli europei del sud. Tra i Copti e i Fellahin d’Egitto, si dice che esistano tre tipi di naso: uno con un naso stretto e aquilino accompagnato da un viso sottile, mascella snella e labbra sottili; in secondo luogo un naso leggermente più basso e radicato, dritto-concavo, accompagnato da un viso più largo e basso, una mascella forte, mento prominente, moderatamente largo; in terzo luogo un naso largo su entrambi, compresi quelli con zigomi alti e bassi.
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Mummia dell’antico faraone egiziano Ramesse II che espone un prominente “naso ad uncino” aquilino. Suo figlio, Merneptah, ereditò la stessa forma del naso.
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Il figlio di Merneptah, il faraone Seti II d’Egitto. Il suo corpo mummificato espone un naso aquilino tra le altre caratteristiche.
Tra i popoli nordiciModifica
Per gli antropologi razziali occidentali come Madison Grant (in The Passing of the Great Race (1911) e altre opere) e William Z. Ripley, il naso aquilino è caratteristico dei popoli che essi identificano variamente come nordici, teutonici, celtici, normanni, franchi e anglosassoni. Grant, dopo aver definito i nordici come dotati di naso aquilino, è andato indietro nella storia e ha trovato tale naso e altre caratteristiche che ha chiamato “nordiche” in molti uomini storicamente importanti. Tra questi c’erano Dante Alighieri, “tutti gli uomini principali del Rinascimento”, così come il re Davide. Grant identificò Gesù Cristo come avente quegli “attributi fisici e morali” (enfasi aggiunta).
Tra i popoli dell’Asia meridionaleModifica
Tra i gruppi etnici specifici, il tipo di naso aquilino è più comune tra i popoli dell’Afghanistan, Dardistan, Pakistan e Kashmir, oltre ad essere una caratteristica prominente nella statuaria greco-buddista del Gandhara (una regione che abbraccia le valli superiori dei fiumi Indo e Kabul attraverso il Pakistan settentrionale e Kashmir). L’etnografo George Campbell, nel suo Ethnology of India, afferma che:
Il naso alto, leggermente aquilino, è un tipo comune. Alzate un po’ la fronte di una statua greca e date al naso un piccolo giro nel punto ossuto davanti al ponte, in modo da rompere la linearità della linea, e avrete il tipo modello di questa parte dell’India, che si trova sia negli uomini viventi che nelle statue della valle di Peshawar.
Il viaggiatore (e medico personale alla corte Mughal) François Bernier, uno dei primi europei a visitare il Kashmir, pose l’ipotesi che i kashmiri discendessero dagli ebrei a causa dei loro nasi prominenti e della loro pelle chiara.