Questo articolo esamina i primi momenti della nascita della “psicometria” come disciplina, utilizzando una storia del test Binet-Simon (precursore dello Stanford-Binet) per affrontare la questione di come l’intelligenza sia diventata un “oggetto psicologico”. Per iniziare a rispondere a questa domanda, abbiamo usato una serie di testi francesi precedentemente non esaminati per evidenziare le negoziazioni e le collaborazioni che hanno portato Alfred Binet (1857-1911) a identificare il “test mentale” come un’area di ricerca da perseguire. Questo includeva una rivalità di lunga data con Désiré-Magloire Bourneville (1840-1909), che sostenne per decenni che gli psichiatri dovevano essere gli arbitri professionali di quali bambini sarebbero stati rimossi dal curriculum standard e indirizzati a classi di educazione speciale nei manicomi. Al contrario, Binet cercò di mantenere i bambini nelle scuole e concepì un modo per gli psicologi di farlo. Sostenuto dalla Société libre de l’étude psychologique de l’enfant, e da un certo numero di collaboratori e amici, si impegnò così a creare una scala “metrica” di intelligenza – e l’apparato di test associato – per legittimare il ruolo degli psicologi in un campo psichiatrico fino a quel momento: identificare e trattare “l’anormale”. Il risultato fu un cambiamento nella legge precedente che richiedeva a tutti i bambini francesi sani di frequentare la scuola, tra i 6 e i 13 anni, per riconoscere invece che i bambini altrimenti normali a volte hanno bisogno di un aiuto speciale: sono “lenti” (arriéré), ma non “malati”. Questa concettualizzazione dell’intelligenza è stata poi portata avanti, attraverso l’influenza del test su Lewis Terman (1877-1956) e Lightner Witmer (1867-1956), per plasmare praticamente tutto il pensiero successivo sul test d’intelligenza e il suo ruolo nella società.